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giovedì 9 giugno 2011

Sarria-Portomarin e seguito quercia

Dopo una stupenda dormita, su lenzuola vere e sotto un piumino perfetto per il clima locale, senza l'odioso sacco a pelo col quale spesso di notte litigo, ci siamo incamminati sotto un cielo nuvoloso ma, di nuovo, senza pioggia, che fortuna! La tappa è stata veramente gradevole, il terreno quasi sempre morbido, sabbioso dire, ha fatto sì che il mio amico piede stesse bene per tutto il tragitto. Abbiamo attraversato boschi molto belli con panorami stile irlanda, sentiri tra muretti a secco pascoli verdissimi e castagni o querce grandi e molto belli.
Ho superato i -100 anzi siamo a -90, il bello è che sia io che chi mi legge parliamo di queste ultime tappe con noncuranza, come uscire per andare a fare spesa, ma sono pur sempre un sacco di passi da fare, è che a confronto di quelli fatti viene naturale. Portomarin credo prenda il nome dal fatto che sul fiume mi è sembrato di vedere dei rest (romani?) di una fortificazione e di un porto, chiedo lumi alle mie guide.
Ma torniamo alla quercia. Come si sarà intuito ho parlato con Gabriellla a voce e ... si temo di avere toppato! A meno che non mi abbia preso in giro, ma non credo. Ora vi dico la mia, e di Mauro, e poi lascio a lei la parola, anche perché mi ha solo detto che ho sbagliato ma non mi ha detto tutto.
Dunque la quercia era quella ma era assolutamente inavvicinabile perché immersa in un campo di ortica alta più di un metro. Ho provato a girarle intorno sia dall'alto della strada che passando da un viottolo in mezzo al fango ma non sono riuscito a vedere nulla che assomigliasse ad un'apertura nella quale infilare la testa per trovare la pietra e l'iscrizione. Alla fine sia io che Mauro abbiamo pensaro che la storia volesse essere solo un mezzo per costringere il pellegrino a rallentare sia, prima, per cercare la quercia, sia poi per trovare l'iscrizione e quindi capire che il cammino è fatto non dall'arrivare presto ma da tanti dettagli ed incontri durante il cammino stesso. Io, comunque, il mio cammino l'ho vissuto così, e ne sono felice, ora però la parola a Gabri per la fine della storia.

8 commenti:

  1. allora
    a proposito delle costruzioni nell'acqua:Il vecchio paese di Portomarín è nato nel medioevo vicino ad un ponte romano.
    inverosimile l'idea che potesse essere un porto fluviale, troppo distante dal mare e soprattutto in mezzo al nulla.
    fu sommerso dal lago artificiale di Belesar, formato dal fiume Miño. hanno salvato i principali monumenti: la chiesa di San Pedro e di San Nicolás.Anche alcuni antichi palazzi medievali furono trasferiti nella piazza principale della nuova Portomarín in cima alla collina. Il ponte medievale rimase coperto dalle acque e fu conservata solo una parte all’ingresso e uno degli archi.
    praticamente come Abusimbel anzi pare che su alcuni edifici si possa vedere la numerazione delle pietre.
    quello che è nell'acqua è il veccho villaggio, che si vede solo quando il fiume è abbastanza in secca
    insomma sei convinto di stare a portomarin?
    sbagliato sei in aperta campagna
    Mo perchè si chiama così non lo so.

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  2. Adesso che Guido ha confessato posso trascrivervi un altro pezzo del libro di Claudio.
    Lo faccio volentieri perchè è il dovuto omaggio alla memoria di un uomo straordinario che ha affrontato il camino a 77 anni compiuti con l'entusiasmo e la determinazione di un giovane, oltre che con molta astuzia, come vedrete.
    Appena fuori dal paese, proprio là dove la via si innesta sulla nazionale, una stradina si diparte sul lato opposto. Due pilastrini di granito ne delimitano l'ingresso. Su un vecchio palo una freccia di legno porta una piccola scritta rossa tracciata con caratteri incerti: san Xil.
    La tradina scavalca un piccolo rio, costeggia alcune fattorie per puntare poi decisa verso la foresta e là scomparire in un tunnel verde e buio.
    Mi giro. Nesuno dietro di me. Tutti gli altri pellegrini hanno preso la strada per Samos. Così solo mi affretto verso l'ingresso del bosco.
    A poco a poco mi rendo conto di essere preso da un indefinito e inspiegabile senso di angoscia.
    Per fugarlo cerco di analizzarlo: non è il fatto di essere solo. Allora cosa?
    Forse è una paura inconscia di entrare laggiù nel buio tunnel verde, la stessa paura che prendeva i pellegrini di mille e più anni quando temevano gli agguati di gente sconosciuta e pericolosa. Forse.
    O forse è solo l'agitazione per essere sul punto di vedere la misteriosa antica pietra. Ammesso che esista...
    ...Il nome celtico di Quercia è legato non solo al concetto di albero, ma anche di porta. Porta verso che?
    Porta verso gli inferi, il mondo di sotto dove si addentrano le sue poderose radici. Ma anche verso il cielo, il divino, il mondo di sopra, verso cui si slanbcia la sua chioma. E nel suo tronco, nel mondo di Mezzo, avviene l'incontro tra l'uomo e Dio.
    ...
    Ma ecco d'un tatto di fronte, inaspettata, grande, enorme, la quercia che sbarra il camino.
    Un tronco infinito con numerose cavità sulla circonferenza. Alcune così grandi che un uomo ci potrebbe entrare. Attorno erbe alte dure e taglienti come spade, mescolate a ortiche. Quasi a guardia e protezione dell'ingresso delle cavità.
    Una scarica di adrenalina mi entra nel sangue. Dissolve la paura del passato come il sole fa con la nebbia nei freddi mattini d'inverno.
    Ma la pietra, la vecchia pietra. Dov'è? Dov'é?
    Mi addentro tra le erbe che superano di molto in altezza le mie ginocchia e potrebbero benissimo nasconderla. Non ho un bastone per farmi largo tra di esse. Cerco la pietra con le mani, incurante dei morsi acidi e pungenti delle ortiche e delle ferite infertemi dai bordi affilati come rasoi delle erbacce. Niente. Riprovo ancora aggirandomi a caso tutto attorno. Ora ho anche il viso che mi brucia per le ortiche. Niente. La delusione e la frustrazione sono grandi.
    Ma allora, il vecchietto si è preso burla di me?
    Rivedo quei suoi dolci occhi acquosi e celesti, quella sua premura di aiutarmi. No, non è possibile. Era certamente sincero. E poi non avevo forse trovato la quercia esattamente dove aveva detto lui?
    Devo cercare ancora.
    Ma prima siediti, mi dico, calmati rilassati e pensa.
    La pietra, al tempo, sarà pur stata piantata nel terreno. Quasi certamente davanti alla quercia, allora molto giovane e piccola.
    Ricordo una segnalazione stradale appoggiata a un platano, vicino alla mia casa in Provenza. Il platano crescendo l'ha inglobata dentro il tronco, con la corteccia che vi sborda sopra. Ecco, può essere successo proprio questo. E' nei cavi del tronco che devo cercare. Qui non si tratta di qualche decina ma di molte centinaia di anni.
    Comincio così a esaminare una ad una tutte le cavità. Alcune si aprono verso la direzione da cui sono arrivato. Altre sul lato opposto o di lato. Dentro è buio e non ho una torcia con me.
    Decido allora di fare delle foto col flash dell'interno di tutte le cavità utilizzando la fotocamera digitale.
    Esamino poi le foto, una ad una, ingrandendo le immagini elettronicamente quando necessario. Eccola là, finalmente la vedo.

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  3. Non vale, il blog non accetta un numero esagerato di caratteri...
    Anche questo potevi dirmelo prima, Guido.

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  4. Ecco il seguito:
    Si trova nella cavità rivolta verso valle proprio al di là della corteccia. E' una pietra piatta, di granito, bloccata dal legno della pianta. La faccia della pietra rivolta verso il centro della quercia è ricoperta da muschio e licheni. Non sembra che ci siano iscrizioni su di essa. Passo la mano sulla superficie per sentire se ci sono scritte. La superficie è ruvida ma niente scritte.
    Che siano dall'altro lato? Impossibile esaminare l'altra faccia. E' troppo vicina all'interno della corteccia.
    A stento riesco a introdurre un braccio tra la piastra e il legno tenendomi appoggiato col petto alla corteccia esterna.
    Ecco, qui ci sono delle incisioni che potrebbero essere delle scritte.
    Far scorrere le dita sulla superficie è difficile ma si può fare, anche se al costo di dolorosi graffi al dorso della mano.
    E' un po' come leggere la scrittura Braille dei ciechi. Devo dotarmi di carta e penna prendendole dallo zaino.
    Leggerò le lettere con le dita, una ad una, orizzontalmente, riportandole via via sul foglio.
    Procedo così, faticosamente. La mano si va escoriando sempre di più e sanguina.
    Finalmente, dopo un tempo che sembra finire mai, mi pare di averle riportate tutte, una dopo l'altra, lettera dopo lettera, tiga dopo riga.
    Da quando ho iniziato questo lavoro (un'ora, due ore?) nessuno è passato.
    Meglio così, non so proprio che scuse avrei potuto inventare per spiegare quello che stavo facendo.
    Sono esausto. Mi sdraio sull'erba a fianco del sentiero, tutto dolorante per i tanti minuti passati in una posizione innaturale.
    Dopo un po' di riposo, mi sento rinfrancato. Inizio a riportare le lettere una dopo l'altra su un foglio del taccuino. Fatico a interpretare anche lamia scrittura.
    Ecco quello che mi si presenta alla fine:

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  5. Ed il resto?
    A questo punto però credo proprio di avere fatto un'altra strada, la descrizione non corrisponde affatto e la quercia che abbiamo visto non presentava tutti i buchi descritti. Mi sa che ho proprio toppato tutto! Sigh e arisigh! Però dicci il resto, por favor!

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  6. haò alla fine c'è scritto (testuali parole):
    09 giugno 2011 20:44

    poi più sotto in neretto:
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    e ancora più sotto
    c'è il rettangolo bianco dove sto scrivendo io.

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  7. Ciao Guido, intercedi, ti prego: Bea ed io attendiamo comodamente seduti sul divano che ci venga magnanimemente (bello, eh?) rivelato il contenuto dell'iscrizione...

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  8. Guido oggi non ha il computer e quindi vi aggiorno io:
    sta in un posto che non mi ricordo ( lui mi ha detto qualcosa tipo Santa Maria ma ho controllato e sull'itinerario non c'è) non si sa quanti km ha fatto (20? 23? 25?), non riceve i messaggi e non gli squilla il telefono però ha camminato su terra soffice.

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